giovedì 11 febbraio 2021

L'Intermezzo: dal Conte Ter a Mario Draghi, una storia di personaggi


Questo articolo è il secondo di tre capitoli sulla crisi di Governo di inizio 2021. È un intermezzo, dove analizzeremo gli eventi e le manovre avvenute tra gli ultimi giorni del Conte II e la chiamata di Mario Draghi al Quirinale. Resta, come sempre, la missione di offrire un articolo che sia alla portata di tutti, anche di chi la politica non l'ha mai davvero seguita, e che possa risultare accattivante in quanto storia e racconto, prima che cronaca. Ci lasceremo andare a suggestioni e leggerezze, perché un intermezzo serve anche a questo: rigenerarsi prima dell'atto finale. È un capitolo che si sviluppa attraverso i suoi personaggi, più che attraverso gli eventi. Alcuni freddi e calcolatori, come Goffredo Bettini e Bruno Tabacci, altri emotivi e passionali, come Matteo Renzi e Gregorio De Falco, ma tutti presenti e attivi nell'arena, spietata, di questa crisi di governo. Mettetevi comodi allora e rilassatevi: questo capitolo è per rigenerarci.

 Prologo - Tra caronti e capitani

"Io, per quel nome, un'idea ce l'avrei"

Era in corso una estenuante riunione tra i deputati del Movimento 5 Stelle, che aveva debilitato i giovani parlamentari grillini per ore, quando finalmente Alfonso Bonafede, uno dei deputati più in vista del Movimento, se ne uscì con questa frase. 

Era il Settembre 2013, un Settembre torrido al termine di un'estate torrida, in un anno tutto sommato calmo. L'estate appena passata vedeva prima in classifica Wake Me Up di Avicii, il presidente del consiglio era Enrico Letta, il presidente della Repubblica era Giorgio Napolitano, il capitano della nazionale era Gigi Buffon, ed io avevo appena iniziato la quinta ginnasio.

Alfonso Bonafede aveva 37 anni. Nato a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, nella Sicilia più profonda e autentica, un'adolescenza segnata dagli anni più drammatici della storia siciliana. Poi, a 19 anni, il trasferimento a Firenze, a studiare giurisprudenza, la laurea, con voti discreti, e nel 2006 il dottorato a Pisa e la abilitazione da avvocato. Si avvicina alla politica nella fase embrionale del Movimento 5 Stelle, quando ancora non si chiamava nemmeno così, erano solo gli "Amici di Beppe Grillo". Si candida a sindaco di Firenze con la "Lista Civica Beppegrillo.it", raccogliendo la bellezza di 3796 voti, arrivando settimo su nove candidati. A vincere quelle elezioni sarà un giovanotto sbarbato dall'inglese maccheronico del quale negli anni successivi si sarebbe sentito molto parlare. Ma questa è un'altra storia. Il 25 Febbraio del 2013, infine, Alfonso Bonafede viene eletto alla camera dei deputati nelle elezioni politiche del 2013. 

                                     
Continua la rubrica "foto brutte usate dagli avversari politici per farti sembrare più cattivo", iniziata nell'articolo precedente. Qui, Alfonso Bonafede.

Elezioni stranissime, quelle. Il PD, che sarebbe dovuto essere il trionfatore assoluto di quella campagna elettorale, non riuscì ad essere il primo partito. La coalizione di centrosinistra era quella con più voti, ma non essere il partito più votato portava con sé delle implicazioni che andavano ben oltre il simbolico. Nelle storiche parole del segretario di allora, Pierluigi Bersani, il PD aveva "non vinto".

Il primo partito, con lo 0.1% in più del PD (45.000 voti) era una creatura politica allora ambigua e incomprensibile, temuta, caotica, ma anche innovativa e spiazzante. Il Movimento 5 Stelle. 

La legge elettorale di allora, che premiava le coalizioni, ebbe l'effetto di consegnare al PD ben 292 seggi e al Movimento 5 Stelle solo 108. In coalizione con il PD c'erano poi altri tre partiti: Sinistra, Ecologia e Libertà, di Nichi Vendola, il Sudtiroler Volkspartei, il partito degli altoatesini, e Centro Democratico, un piccolissimo partito di nostalgie democristiane fondato due mesi prima delle elezioni, che prese lo 0.5% (167.000 voti). Lo 0.5% può sembrar poco, ma fu ciò che permise, alla coalizione di Centro-Sinistra, di far scattare il premio di maggioranza e guadagnare i seggi che avrebbero permesso di governare (insieme al Centro) per i cinque anni successivi. Senza quello 0.5% di Centro Democratico, il premio di maggioranza sarebbe andato al Centro-Destra. Il leader di CD era una vecchia volpe della politica nazionale, uno che è sopravvissuto alla caduta del muro di Berlino, a tangentopoli, alle torri Gemelle, alla crisi economica e adesso al Covid. Un uomo che per trent'anni ha conosciuto le aule parlamentari, e da molto prima conosce quelli che le frequentano. Stiamo parlando di Bruno Tabacci.

                                    
Bruno Tabacci con l'ex presidente del Consiglio Ciriaco De Mita. Nel momento in cui è stata scattata questa foto, Alfonso Bonafede faceva le scuole medie.

Torniamo adesso a quel Settembre 2013. Il 16 di Settembre, al largo dell'Isola del Giglio, era finalmente stata rimessa in asse la Costa Concordia. Quella nave era rimasta lì, distesa su un fianco, per più di un anno e mezzo, inerte. Un disastro che causerà 32 morti e 110 feriti, da imputare all'irresponsabilità del capitano della nave, Francesco Schettino, condannato a 16 anni per omicidio colposo plurimo. La responsabilità invece, la voce della ragione, venne incarnata da un altro personaggio, un altro Capitano, l'uomo che si era occupato in prima persona di coordinare i soccorsi, il capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno. Non tutti si ricorderanno il suo nome, ma tutti si ricordano la frase che lo rese famoso: "Schettino, vada a bordo, cazzo!". Si tratta di un militare colto e assennato, con una laurea in giurisprudenza e un amore incontenibile per il mare, che l'ha condotto a dedicare a quest'ultimo la sua vita. Il Capitano Gregorio De Falco.  

Il capitano De Falco con indosso una innocente coppola. Sembrerebbe proprio un uomo tranquillo e contenuto.

E torniamo adesso in quella stanza, coi deputati grillini intenti a discutere. Erano in parlamento da meno di sei mesi, ed erano ancora inesperti e spaesati, idealisti e, probabilmente, ingenui. Erano ancora alle prime armi. Oggi, la retorica dei grillini come dilettanti allo sbaraglio lascia il tempo che trova: molti di loro, soprattutto quelli che occupano le posizioni apicali, hanno fatto esperienza per cinque anni all'opposizione e poi per tre hanno governato. Non possono certo più essere definiti dei principianti. Ma nel Settembre del 2013, verosimilmente, lo erano. Tra questi Alfonso Bonafede, che ruppe l'impasse con quella frase.

"Per quel nome, nel consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, io un'idea ce l'avrei". Il nome era quello di un suo professore all'università di Firenze, un professore che Bonafede stimava molto, tanto da chiedere addirittura se potesse fargli da assistente. Quel professore era un uomo sconosciuto fino a quel momento ai 5 Stelle, ma la raccomandazione calorosa di uno come Bonafede era una garanzia sufficiente per potersi fidare. Quel professore, si sarà inteso, era Giuseppe Conte

Passano gli anni e si arriva al 2020, e le vite di questi personaggi proseguono.

Bonafede si farà per anni le ossa in commissione giustizia alla camera. Poi, nel 2018, a seguito del trionfo elettorale del Movimento, diventa ministro della giustizia nel governo Conte I e nel 2019 sarà uno dei pochissimi ad essere riconfermato, nella stessa posizione, nel governo Conte II. Un'ascesa irresistibile quella di Bonafede, oggi un'intoccabile tra i pentastellati, ma, come tutti gli intoccabili, anche un uomo con molti nemici. Tra i peggiori nemici di Bonafede, oggi, c'è il vincitore di quelle elezioni a Firenze che furono la sua prima gavetta elettorale: Matteo Renzi.

Il professor Giuseppe Conte mostra la propria gratitudine al suo assistente Alfonso che gli ha corretto tutti gli scritti del primo appello in tempo record, inizio anni 2000.

Bruno Tabacci siede ancora tra gli scranni del parlamento, alla camera, ed è arrivato alla sua sesta legislatura. È stato rieletto nel 2018, grazie ad una strategia da vecchia volpe politica. 

Il partito +Europa di Emma Bonino godeva, alla vigilia delle elezioni del 2018, di un buon consenso, ma non era riuscito a raccogliere le firme necessarie a presentare la propria candidatura. Tabacci decide di salire a bordo del carro di +Europa ed in cambio porta in dote il simbolo di Centro Democratico. La legge italiana, difatti, prevede che ci si possa presentare alle elezioni se, in alternativa alle firme, si presenta un simbolo che era già stato presentato alle elezioni precedenti. Tabacci diventerà poi presidente di +Europa, ma ne uscirà alla formazione del secondo governo Conte, in polemica con la decisione del partito della Bonino di collocarsi all'opposizione. E così Bruno Tabacci si ritrova nel gruppo misto, ma non si perde certo d'animo. Oggi ha radunato attorno a sé un gruppetto di fuoriusciti grillini. Gente senza una guida, deputati alla prima esperienza politica spaesati ed in cerca di una bussola, di un Virgilio che li conduca nel loro viaggio e gli sveli le tecniche ed i segreti dell'arte politica. E così, tra un caffè al bar e una pastasciutta al pranzo, quest'uomo, che si è autodefinito "traghettatore di anime perdute", li cresce e li istruisce, con l'autorevolezza conferitagli dalla sua esperienza.

Il Capitano De Falco, invece, viene eletto al Senato nel 2018, con il Movimento 5 Stelle. La sua permanenza nel Movimento, però, non durerà a lungo. Dopo nove mesi verrà espulso per aver assunto, in parlamento, alcune posizioni contrarie a quelle espresse dal suo partito, tra cui l'opposizione al Decreto Sicurezza di Salvini. Il Capitano si ritroverà quindi naufrago nel gruppo misto e sempre in aperta ostilità con Matteo Salvini. Una malsopportazione reciproca che deflagra in un momento divenuto iconico quando, durante la crisi di governo del 2019, quella che portò alla caduta del governo Conte I, De Falco mimerà per diversi minuti, con il volto trasfigurato dalla rabbia, un gesto verso Salvini. Il labiale è chiarissimo "Buffone, vai a casa!".

Il Capitano De Falco contro Matteo Salvini al Senato. Non esattamente il tipo di persona a cui vorresti fregare la ragazza.


Atto I - Il tempo dei costruttori

Il governo Conte era sopravvissuto al voto di fiducia in Senato per il rotto della cuffia, ma non passò molto tempo prima che tutti si accorgessero che si trattava, in tutto e per tutto, di una vittoria mutilata. La maggioranza era stata raggiunta solo per via dell'astensione di Italia Viva, e un governo con dei numeri così risicati sarebbe risultato bloccato, paralizzato dai veti incrociati delle forze politiche di centro (tra tutte il partito di Renzi) che avrebbero avuto il potere di affossare anche il più piccolo dei provvedimenti. Era quindi necessario un reclutamento. Conte ne parlava coi suoi fedelissimi: quei costruttori tanto invocati era il momento che si facessero vivi. I pretoriani del presidente si muovono con diligenza nella smaniosa ricerca di senatori. Li cercano ovunque: senatori moderati di Forza Italia, renziani che non vogliono uscire dalla maggioranza, ex democristiani dallo spiccato istinto di sopravvivenza. Questa ricerca, però, non può andare avanti a lungo. Per il 27 Gennaio è fissato un voto su una relazione del ministro Bonafede, bestia nera di Italia Viva, che stavolta non ha intenzione di astenersi. I numeri per avere la maggioranza su quella relazione non ci sono, e ciò significa che il governo rischia di essere messo in minoranza. Sarebbe la fine, inequivocabile, non solo del Governo Conte II, ma anche della possibilità di Conte di guidare un altro esecutivo. 

C'è bisogno di qualcuno che muova qualcosa tra gli scranni del parlamento, sia al Senato che alla Camera. Un compito che viene affidato a Bruno Tabacci e Gregorio De Falco. 
La missione del Capitano e del Traghettatore è più chiara che mai: raccogliere naufraghi ed esuli di tutti i partiti e condurli nel porto sicuro della maggioranza. I due fondano il gruppo parlamentare "Europeisti - Maie - Centro democratico", ma fondare un gruppo non è abbastanza. I responsabili non arrivano. Da Italia Viva nessuno osa tradire Renzi. Il centrodestra serra i suoi ranghi, e le formazioni centriste ad esso associate (UDC, Noi per l'Italia, Cambiamo!) non concedono un millimetro. Emblematico risulta essere, a questo proposito, il caso di Luigi Vitali, senatore di Forza Italia che la sera del 27 Gennaio annuncia di voler passare nella compagine di Tabacci e De Falco, ma la mattina del 28 ci ripensa, dopo aver sentito telefonicamente Berlusconi e Salvini. Il centrodestra sembra essere più compatto che mai.

Lorenzo Cesa, leader dell'UDC, una delle piccole formazioni di centro corteggiate da Conte. Su di lui sarà aperta un'indagine per concorso esterno in associazione mafiosa il giorno successivo la chiusura definitiva a Conte. Il fatto che in questa foto sembri cattivo giuro che non è voluto. 

Nel frattempo, oltre a De Falco e Tabacci, altre forze si muovono a sostegno di Conte. Una in particolare sembra spiccare su tutte le altre, per eccentricità e per imponenza: Goffredo Bettini.

Bettini nasce a Roma nel 1952, in una famiglia aristocratica che l'ha cresciuto da bambino prodigio (il padre, racconta Bettini al Corriere, da bambino gli faceva leggere Dostoevskij). A 14 anni, mentendo sulla propria età, si iscrive al Partito Comunista Italiano, e da lì sarà vero amore. Come succede con tutti gli amori, quando l'esperienza del PCI giunge al capolinea, Bettini attraversa un forte dolore, una depressione che (racconta lui all'Espresso) durerà per tre anni.

Ma Bettini è un pragmatico e un intellettuale. La sua vita va avanti: deputato, senatore, europarlamentare. Si compra una casa a Koh Samui, dove vive insieme a cinque famiglie thailandesi. Indossa spesso camicioni con scollo alla coreana che gli conferiscono una certa aria zen. Nel PD lo chiamano "Il monaco". Legge, scrive e studia tantissimo, ma soprattutto consiglia. Bettini non assume cariche in prima persona, ma manovra e consiglia, seleziona ed indica. Un approccio da Prima Repubblica che alimenta la sua immagine misteriosa e al di sopra delle parti. Non abbastanza, però, per non entrare nel mirino del rottamatore, Matteo Renzi.

In tempi non sospetti, Bettini aveva anche sostenuto Renzi, ma oggi i due non potrebbero essere più lontani. Sembra addirittura (dal Corriere) che dopo questa crisi di governo non si parlino nemmeno più. Ed in effetti, le cose tornano. Bettini è l'emblema della vecchia guardia postcomunista del PD, Renzi è il rottamatore. Bettini è un intellettuale di pensiero, Renzi un uomo d'azione. I due non potrebbero essere più diversi, ed il loro duello si consuma nell'arena della crisi di governo.

Bettini è stato, negli ultimi tempi, il grande protettore di Giuseppe Conte, l'uomo che più di tutti, all'interno del PD, si era speso in prima persona per la sopravvivenza politica dell'avvocato. Membro della direzione nazionale del Partito Democratico e sostenitore di Zingaretti alla segreteria, Bettini si è ritagliato il ruolo di tramite tra il presidente del Consiglio ed il Partito Democratico. A lui faceva capo l'operazione responsabili, di cui De Falco e Tabacci erano i luogotenenti parlamentari. Era lui che telefonava a Gianni Letta, numero 2 storico di Silvio Berlusconi, per chiedere il supporto di una pattuglia di responsabili di Forza Italia. 
Bettini cerca in tutti i modi di ricucire le fila di un governo che si sfalda ogni giorno di più, ma Renzi fa saltare ogni ponte. Bettini si muove nel sottobosco parlamentare, Renzi nei salotti televisivi. 

Matteo Renzi e Goffredo Bettini in una foto dei primi anni della stagione renziana. Bettini ne fu un sostenitore, in un primo momento, ma due caratteri, e due storie, così diversi non potevano che collidere. 

Il 26 Gennaio diventa chiaro che la situazione non si risolverà in poco tempo, e comunque certamente non prima del fatidico voto su Bonafede. Conte è messo all'angolo e costretto a compiere la scelta necessaria: sale al Quirinale e rassegna le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica. Adesso è crisi per davvero. 

Le forze politiche sono in subbuglio, le ipotesi di fantapolitica si inseguono. A chiunque si chieda salta fuori una soluzione diversa: Conte è ancora disperatamente alla ricerca dei responsabili, Renzi si dice disposto a trattare per rientrare in maggioranza, il PD, Leu e i 5 Stelle difendono il premier uscente, Berlusconi invoca un governo di unità nazionale, Salvini e Meloni vogliono andare a elezioni, ma poi Salvini ci ripensa e vuole anche lui il governo di unità nazionale, anzi no, vuole le elezioni. Le dichiarazioni si inseguono sempre più indecifrabili, si costruiscono speculazioni sulle ambiguità semantiche nelle dichiarazioni dei leader. Nessuno sa cosa starà per succedere. Si lanciano ogni giorno nomi per un nuovo presidente, dai più realistici ai più fantasiosi: Conte Ter, Di Maio, Gentiloni e Conte va a fare il commissario europeo, Draghi, Cartabia, Roberto Fico, Luciana Lamorgese.

Il presidente della Repubblica apre le consultazioni con i partiti. Leu, PD, 5 Stelle e il neonato gruppo di De Falco e Tabacci fanno tutti convintamente il nome di Giuseppe Conte. Il centrodestra dice a Mattarella di voler andare al voto ma di non escludere del tutto altre soluzioni istituzionali. Renzi, dal canto suo, mostra uno spiraglio per riaprire il dialogo con la maggioranza, seppure non entusiasta della possibilità di un terzo governo Conte. "Si discuta prima di contenuti, poi di nomi", dice Renzi, una formula che vuol significare che se Conte ci tiene davvero a rimanere presidente del consiglio allora Italia Viva è pronta a portargli via anche le mutande. 

Giuseppe Conte e Paolo Gentiloni nel momento del passaggio di consegne nel ruolo di presidente del Consiglio. Oggi Gentiloni è commissario europeo agli affari economici. Tra le varie fantasiose ipotesi di governo, c'era quella di richiamare Gentiloni al governo e mandare Conte a fare il commissario. 

Atto II - L'Esplorazione 

Il 29 di Gennaio terminano le consultazioni con i partiti e Mattarella prende una decisione: mandato esplorativo a Roberto Fico, il presidente della Camera. Prima di passare alle considerazioni, vediamo di capire bene cosa sia un mandato esplorativo. La Treccani definisce il mandato esplorativo nel seguente modo:

"L’incarico che il Capo dello Stato affida a un uomo politico per una prima indagine sulla possibilità di formare il governo"

Non si tratta dunque, ed è bene che sia chiaro, del conferimento di un vero e proprio "mandato". Si tratta di una missione. Il Presidente della Repubblica affida, solitamente al presidente della Camera o del Senato, l'incarico di avviare un secondo giro di consultazioni, più stretto ed informale, più politico e meno istituzionale, per raccogliere informazioni approfondite sulla concretezza della possibilità di una maggioranza. Si tratta di una funzione che non è presente nella costituzione, ma è diventata una prassi nella politica italiana. Dal 1957 sono stati conferiti in totale 12 mandati esplorativi. Al termine del mandato esplorativo, l'incaricato discute con il Presidente della Repubblica le conclusioni alle quali si è giunti, e quest'ultimo poi prende una decisione.

Roberto Fico è nato a Napoli nel 1974. Napoletano verace (si è laureato con una tesi sulla musica neomelodica), fa parte di quel gruppetto di fedelissimi della prima ora di Beppe Grillo in cui vi era anche Alfonso Bonafede. Da sempre rappresenta l'area in assoluto più a sinistra del Movimento 5 Stelle, l'ortodossia che ha a cuore diritti, ambiente e beni pubblici, ben diversa dall'ala populista rappresentata invece da Alessandro Di Battista e dall'anima governista incarnata da Luigi Di Maio e Vito Crimi.

Fico ha dunque questa missione: insieme ambasciatore e paciere, notaio e diplomatico, dovrà cercare di trovare il sostegno ad un nuovo governo "a partire dal perimetro della maggioranza uscente" (Mattarella, 29 Gennaio). Fico riunisce le forze politiche attorno ad un tavolo e cerca di trovare una sintesi.

Tra le cose per cui si ricorda Roberto Fico, forse la più nota, mediaticamente, è questa foto: il presidente della Camera va al lavoro in autobus. Che si tratti di un atto nobile e tenero o di una volgare trovata populista, sta a voi giudicarlo.

Ma questa ricerca si fa ogni giorno più complicata. Le trattative sono tese, si discute di nomi e di temi polarizzanti. L'appuntamento di Fico con il presidente Mattarella era stato fissato per la mattina di Martedì 2 Febbraio ma, dato lo stato delle trattative, Fico chiede al capo dello stato un'altra mezza giornata per cercare di trovare una quadra. Nel pomeriggio di Martedì però, la situazione precipita ed il banco salta. L'intesa non viene trovata.

Riguardo ciò che è successo al tavolo delle trattative Martedì 2 Febbraio le versioni dei partiti divergono. I 5 Stelle accusano Renzi di aver voluto parlare solo di nomi piuttosto che di contenuti, rilanciando veti su veti per rendere sempre più inaccettabile per i grillini una mediazione fino a far saltare il banco. Renzi dal canto suo dice che i pentastellati non sono stati disposti a cedergli nulla di ciò che aveva chiesto, dalla rimozione di ministri come Bonafede e Azzolina ad un ridimensionamento del ruolo del commissario speciale per l'emergenza Domenico Arcuri, passando per la richiesta di prendere almeno una frazione del MES. La versione del PD coincide in buona parte con quella dei pentastellati. Non potremo mai sapere con certezza cosa si sia detto a quel tavolo. Certo è che, conoscendo gli eventi che sono seguiti, ovvero un esito che era esattamente ciò che Renzi auspicava dall'inizio, le cose sono due: o Renzi è il politico più fortunato della storia, che viene mosso solo da puro idealismo e spirito di servizio e per questo viene baciato dagli Dei che gli garantiscono un destino favorevole, oppure è lo stratega più abile e spregiudicato della politica italiana, in grado di dare luogo ad una crisi di governo caotica e scombinata e di pilotarla esattamente verso la soluzione a lui gradita, senza che nessuno sia riuscito a metterlo all'angolo e bloccare il suo gioco.

Probabilmente sono stati commessi degli errori tattici, ma è anche vero che Renzi si muoveva in una situazione a lui favorevole. Le aperture del centrodestra ad una soluzione istituzionale gli hanno dato la sicurezza per tirare la corda fino a farla spezzare senza il rischio di vedersi risucchiare verso le elezioni. E quindi la posta veniva alzata ad ogni incontro, premendo sempre su tasti dolenti, sui punti sui quali era consapevole che gli ex alleati non avrebbero potuto trattare. Batteva su Bonafede, per il quale a tratti Giuseppe Conte sembrava pronto a farsi scudo con il proprio corpo, batteva sul MES, sul quale i 5 Stelle non avrebbero mai potuto aprire, tenuti in scacco dalle tensioni interne. Nessuno, però, è stato capace di scoprire il bluff di Renzi (se davvero di bluff si trattava), di concedergli qualcosa per far vedere a tutti che non si sarebbe accontentato perché il vero obiettivo era altro e, quelli portati al tavolo da Fico, pretesti per far saltare il banco. Renzi così ha potuto ottenere quello che voleva dipingendosi come il politico assennato, disposto a trattare ma verso il quale, da parte degli altri, non c'era alcuna apertura. 

Roberto Fico aveva già ricevuto un incarico esplorativo, nell'Aprile del 2018, per verificare la possibilità di un governo tra PD e M5S. Anche quel mandato esplorativo fallì ed un mese dopo nacque il governo Lega-M5S, ma Fico dichiarò, sbagliando, che l'esito era stato positivo. 

Le trattative saltano, dunque, e Fico rimette nelle mani di Mattarella il mandato esplorativo con esito negativo. Mattarella deve prendere una decisione e deve prenderla in fretta. Preso atto dell'impossibilità di formare un governo politico a partire dalla vecchia maggioranza restano solo due ipotesi: un governo tecnico o le elezioni. Il presidente della Repubblica ha un ruolo istituzionale, molte delle sue scelte sono quasi obbligate, ma qui Mattarella compie una di quelle scelte di carattere che definiscono una presidenza. Il Presidente decide: non è il momento di andare ad elezioni, e non solo per il rischio sanitario, ma anche e soprattutto perché c'è bisogno di una gestione forte e immediata di dossier come il Recovery e l'attuazione del piano vaccinale, che non possono attendere i tempi di una campagna elettorale e l'insediamento di un nuovo esecutivo. Mattarella decide per il governo tecnico e mette in campo il nome più prestigioso che l'Italia può offrire, l'opzione nucleare: Mario Draghi.


Il nostro intermezzo termina qui, al definitivo tramonto del governo Conte II, e all’alba del primo Governo Draghi La nostra storia continuerà, con il terzo ed ultimo capitolo, e arriverà fino alla nascita del nuovo esecutivo. Vi ringrazio per aver letto e vi invito a dirmi la vostra, commentando o scrivendomi. Un ringraziamento va anche ad Aurora e Leonardo per la revisione. Un abbraccio.


- Gaetano Scaduto


Fonti sparse

https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2021/01/22/news/crisi_di_governo_conte_bonafede-283827501/

https://www.repubblica.it/politica/2018/11/03/news/m5s_di_maio_de_falco_decreto_sicurezza-210706370/?ref=search

https://www.repubblica.it/politica/2021/01/14/news/tabacci_crisi_responsabili_governo_conte-282576254/

https://www.ilmessaggero.it/video/de_falco_contro_salvini_buffone_vai_casa-4685600.html

https://www.corriere.it/politica/21_febbraio_11/renzi-bettini-rottura-25948f5e-6be1-11eb-8932-bc0ccdbe2303.shtml

https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2021/01/12/news/pci-goffredo-bettini-1.358018/

https://www.corriere.it/politica/20_giugno_05/coronavirus-bettini-lockdown-thailandia-leggo-nuoto-chiamo-zingaretti-471f1b7c-a755-11ea-b358-f13973782395.shtml

https://www.fanpage.it/politica/perche-si-parla-di-mandato-esplorativo-e-che-cose/


Nessun commento:

Posta un commento